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L’età di pensionamento: un confronto fra l’Italia e l’estero

L’introduzione di Quota 100 ha permesso di ridurre temporaneamente i requisiti anagrafici richiesti per accedere alla pensione a 62 anni e 38 di contributi per il triennio 2019-21. In assenza di nuovi interventi, il suo mancato rinnovo determinerà un ritorno ai criteri stabiliti nella legge Fornero. Di conseguenza, un lavoratore che ha avuto una carriera contributiva continuativa accederebbe alla pensione di vecchiaia a 67 anni. Nelle classifiche internazionali, l’Italia occupa le prime posizioni tra i paesi sviluppati per età di pensionamento statutaria, con requisiti ben superiori rispetto alle medie OCSE (64,3 anni per gli uomini e 63,5 anni per le donne).
Un’elevata età di pensionamento statutaria è giustificata dal fatto che l’Italia presenta un’aspettativa di vita tra le più alte al mondo: 85,4 anni per le donne e 81 anni per gli uomini alla nascita (al quinto posto tra i paesi più sviluppati e di conseguenza al mondo); e un’aspettativa di vita residua a 65 anni di 22,4 anni se donna e 19,2 anni se uomo. Queste ultime sono più alte della media dei paesi dell’UE (21,2 anni per le donne e 17,8 per gli uomini).
In ogni caso, l’età effettiva di pensionamento differisce dall’età di pensionamento statutaria a causa di agevolazioni o scivoli. Nel periodo 2013-2018, l’età di pensionamento effettiva in Italia era di 63,3 anni per gli uomini e 61,5 anni per le donne (dati OCSE).
Se da una parte l’età statutaria richiesta per l’accesso alla pensione di vecchiaia italiana è progressivamente aumentata a seguito della riforma Fornero e degli adeguamenti alla speranza di vita, dall’altra l’età effettiva di pensionamento si è sempre attestata su valori più bassi: è rimasta quasi costante per le donne, mentre per gli uomini ha cominciato a salire ad un tasso più basso rispetto all’età pensionabile nominale.
Alla luce di quanto sopra, non sorprende il fatto che il sistema pensionistico italiano sia in proporzione tra i più gravosi per le tasche pubbliche: in media gli italiani terminano la loro carriera lavorativa in anticipo, percepiscono la pensione per un numero maggiore di anni e con un elevato tasso di sostituzione.

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